mercoledì 2 novembre 2016

La mite di Dostoevskij

Dostoevskij non ha bisogno di presentazioni e tutti quanti lo conosciamo per i suoi grandi capolavori da Delitto e castigo a L'idiota, fino a I fratelli Karamazov (anche se magari li conosciamo solo di fama).
Oggi vorrei parlarvi di uno dei suoi racconti, La mite, contenuto in quello zibaldone dostoevskijano che è Diario di uno scrittore.
La storia si ispira a un fatto di cronaca: la giovane Maria che, recatasi da Mosca a Pietroburgo contando solo sulle forze, si gettò dall'abbaino di un palazzo stringendo a se un'immagine della Vergine.
Dostoevskij avvia la narrazione a tragedia già avvenuta:
       
                "Ecco, finchè lei è qui, tutto va ancora bene: mi avvicino e la guardo ogni minuto;
                 ma domani la porteranno via e come farò quando rimarrò solo?"

Il narratore parla a ruota libera ripercorrendo la loro storia: il primo incontro, il desiderio di salvare la giovane dal controllo delle due zie e dall'obbligo di un matrimonio non voluto, il matrimonio salvatore e la spirale drammatica.
   
                 "Chi cominciò per primo? Nessuno. Cominciò da sé fin dalla prima mossa."

L'entusiasmo iniziale di lei viene piegato dalla freddezza di lui fino a portarla alla ribellione e alla malattia.
Ma come cresce questa ostilità coniugale? Non ci è dato saperlo. Dostoevskij infatti non credeva nelle spiegazioni logiche o psicologiche degli avvenimenti umani.
Ed è proprio questa assenza di spiegazioni il filo conduttore del racconto che si snoda lungo le domande e i dubbi del narratore che finisce col passare in secondo piano rispetto alla mite, vera protagonista.
La vicenda, di estrema semplicità narrativa, si rivela di inestricabile complessità psicologica e la mite pian piano si trasforma in una donna determinata, per nulla disposta a scendere a compromessi.
In poche pagine Dostoevskij riesce anche questa volta a raccontare l'animo umano e le sue profondità. Un'occasione per scoprire questo grande autore o per conoscerlo meglio.

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